Nelle città turistiche il marketing si fa geo in Comunicatori Pubblici
Nelle città turistiche il marketing si fa geo
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Nelle città turistiche il marketing si fa geo in Comunicatori Pubblici
Nelle città turistiche il marketing si fa geo
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Questa è una storia di marketing molto extra territoriale.
Vai in edicola, compri il giornale e trovi in allegato l’inserto di promozione turistica dell’Alto Adige/Südtirol (Corriere della Sera del 30 aprile 2010). Lo sfogli e lo sguardo cade su una piantina geografica dell’Italia posizionata in due pagine nella seconda e ultima di copertina.
Il sito della SMG Südtirol Marketing Gesellschaft, cioè il braccio operativo per la promozione territoriale della Provincia Autonoma di Bolzano, scrive che lo speciale è di 68 pagine con tiratura di 870.000 copie. La distribuzione è avvenuta in Lombardia, Emilia-Romagna, Lazio, Toscana e Veneto.
Nessun cenno alla nuova strategia di marketing extra territoriale.
Infatti, la piantina dell’Alto Adige, per dare più visibilità al territorio alto-atesino è stata allargata fino ad “annettere” un pezzo del Veneto (tutto il bellunese e parte del trevigiano) e mezzo Friuli. Secondo questa piantina l’Alto Adige considera già annesso il territorio bellunese?
Ma c’è un altro aspetto, certamente di secondaria importanza, che balza all’occhio. Si tratta del richiamo al km zero pubblicato nel titolo di pagina 27 (“trend: benessere a km zero”) e in apertura di pagina 54 (“chef a km zero”).
Fa piacere notare che una realtà così all’avanguardia nella promozione del proprio territorio (finanziata con ingenti fondi pubblici) ricorra a una terminologia come quella del km zero, promossa dal meno agevolato Veneto. Va ricordato infatti che l’idea del km zero è nata su proposta di Coldiretti Veneto e che è stata fatta propria nel 2008 dalla Regione Veneto con la prima legge del genere unica in Italia, la numero 7 del 25 agosto, perfezionata nel gennaio 2010.
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Centinaia di migliaia di libri pronti ad essere messi online con Google Editions. La notizia pubblicata su “The Wall Street Journal” è una chiara sfida ai principali operatori del libro elettronico come Amazon ed Apple.
Dalla prossima estate Google userà un sistema aperto per consentire agli utenti di accedere alla lista libri di una vasta gamma di siti web. Questo potrebbe essere il vantaggio che differenzia Google dai competitors, concentrati su dispositivi e software proprietari (Amazon, ad esempio, è incentrato su Kindle).
Secondo l’edizione inglese di Wikipedia, Google Editions sarà guidata da Dan Clancy, attuale direttore tecnico di Google Libri.
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Questo articolo è dedicato alla sintesi e l’adattamento della riflessione di Philip Kotler e Nancy Lee sul processo logico da seguire per sviluppare un piano di marketing sociale.
Il marketing sociale trova le proprie radici in molteplici discipline (psicologia, sociologia, antropologia, teorie economiche e della comunicazione…) che contribuiscono a esaminare e comprendere cosa determina il comportamento umano, inteso quale risultante di fattori ambientali, sociali e individuali
L’interessante materiale elaborato da DoRS, Regione Piemonte, è utile per le organizzazioni profit, nonprofit e per il settore pubblico.
download file: Come sviluppare un piano di Marketing Sociale
Ecco i 10 passi suggeriti:
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Merita la segnalazione di DoRS, un innovativo servizio pubblico finanziato dalla Regione Piemonte – Assessorato alla tutela della salute e sanità. DoRS è indirizzato alle Aziende ASL e ASO, agli operatori della scuola, della ricerca, dell’associazionismo e a coloro i quali, a vario titolo, operano nel campo della Prevenzione e della Promozione della Salute.
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credits:
Se la Bialetti chiude in Italia, la FIAT avvia una politica industriale che sembra in controtendenza con la delocalizzazione.
E se se rimane ancora aperto il problema di Termini Imerese, l’orientamento della campagna FABBRICA ITALIA mira a “costruire più veicoli FIAT in Italia e portare più Italia nel mondo”.
FIAT afferma che nel periodo 2010-2014 la “produzione di auto e veicoli commerciali in Italia passerà da 800 mila a 1 milione e 650 mila unità all’anno” e che “il Gruppo impegnerà quasi il 70% degli investimenti mondiali negli stabilimenti italiani.”.
Con il piano industriale quinquennale presentato nei giorni scorsi, la FIAT prevede che la quota di veicoli prodotti in Italia e destinati ai mercati esteri salga dal 44% al 65%.
Va comunque considerato che il gruppo (con i marchi FIAT, Alfa Romeo, Lancia, Ferrari, FIAT professional, Abarth e Maserati) è presente in 50 paesi con rapporti commerciali in oltre 190 paesi.
Ecco la pagina della campagna FABBRICA ITALIA curata dalla Leo Burnett:
L’Italia occupa una delle ultime posizioni europee circa il dato delle imprese che hanno realizzato formazione (32%), rispetto alla media europea del 60%, ma dalla ricerca “Rilevazione dei mutamenti delle prassi formative delle imprese a fronte della crisi economica”, realizzata dall’ISFOL in accordo con il Ministero del Lavoro, emerge una sostanziale tenuta degli investimenti in formazione anche durante il periodo di crisi (download file pdf ISFOL Rapporto 2009 sulla Formazione continua SINTESI).
Il 34% delle imprese del campione, infatti, ha realizzato attività di formazione, al di là degli obblighi di legge con sensibili differenze rispetto alle dimensioni d’impresa. L’incidenza è maggiore tra le imprese grandi (72%) e medie (58%) e minore tra le imprese artigiane (30%, rispetto al 38% circa delle non artigiane).
La rilevazione è stata effettuata nella seconda parte del mese di settembre 2009 su un campione di più di 3mila imprese, rappresentativo di un universo di oltre 400mila imprese con almeno sei addetti dei quali almeno uno formalmente dipendente.
Da una prima analisi sulle motivazioni della formazione in periodo di crisi emergono complessivamente comportamenti “non difensivi” che denotano la maturazione di una strategia di prevenzione e rilancio da parte delle imprese. Per il 23% del campione la formazione è servita infatti a sostenere la competività aziendale, mentre per il 73% ha riguardato l’aggiornamento delle competenze dei lavoratori. Sembra dunque residuale la formazione, di impronta tipicamente “difensiva”, realizzata al fine di ricollocare il personale e di mantenere i livelli occupazionali.
Il finanziatore più rilevante della formazione in periodo di crisi è il settore pubblico, seguito dai Fondi Paritetici Interprofessionali.
(sul tema v. editoriale di Vittorio Baroni in Comunicatori Pubblici)
Ecco un’altra interessante sperimentazione italiana di successo mirata al coinvolgimento dei turisti e cittadini. Permette di valutare lo stato emotivo di una città. Dal sito di URBANOcreativo arriva la notizia che Firenze ci prova con la Emomapper di Florence emotional map, una sperimentazione che associa gli strumenti dell’informazione geografica e gli spazi di comunicazione e interazione del web 2.0 per dar vita a micro-comunità fondate da abitanti e utenti di uno spazio comune.
Così Firenze entra a pieno titolo nel gruppo dei comuni turistici italiani innovatori. E tra i principali casi di successo meritano di essere citati: Venice Connected presentato nel 2008 dal Comune di Venezia e ora in funzione a pieno regime; l’introduzione della tecnologia QR-CODE al Comune di Roseto degli Abruzzi avvenuta nel giugno 2009; la recente guida virtuale lanciata nel marzo 2010 dal Comune di Jesolo per iPhone e iPod.
E ancora una volta emerge l’usabilità di Google Earth, cioè l’applicazione grafica tridimensionale gratuita che permette di visualizzare fotografie aeree e satellitari della Terra con un dettaglio molto elevato. Google Earth consente al singolo utente di immettere delle informazioni aggiuntive che vengono visualizzate dal programma e che possono essere condivise con gli altri utilizzatori del programma sparsi per il pianeta. Può essere utilizzato fornendogli coordinate geografiche, indirizzi o semplicemente navigando sul pianeta con il mouse.
Gusto vista tatto olfatto udito e… sesto senso, per Comunicatori Pubblici i sensi si mettono in gioco anche visitando una città. E fanno scattare emozioni. Emomapper vuole raccogliere le sensazioni di chi visita la città di Firenze: piazze, vie, ponti e parchi ma anche nuovi luoghi di architettura contemporanea e idee sul loro possibile migliore utilizzo.
Tutti sono invitati a raccontare la loro Florence Emotional Map. Ma cosa accade esattamente? Che i racconti georiferiti degli utenti vengono raccolti, interrelati e rappresentati attraverso la nube: una mappa emozionale che rappresenta il sensore dello stato emotivo della città, in altre parole anche le zone con più alta concentrazione di felicità.
Il blog associa in uno stesso framework le tecnologie dell’informazione geografica e le piattaforme di comunicazione web 2.0. Il suo obiettivo è funzionare come un ambiente di relazione delle esperienze georiferite dei suoi ospiti: raccogliere racconti localizzati e mettere in relazione abitanti e utenti dello spazio costruendo reti.
p.s.
Approfondisci il tema delle CITTA’ DIGITALI. Leggi l’articolo: “Glocal, vivere la città nell’era digitale”
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fonti:
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Per approfondire il tema “Web 2.0 in Azienda”, la Fondazione CUOA ha recentemente condotto un’indagine i cui risultati saranno discussi il prossimo 6 maggio, dalle 17.00 a Villa Valmarana Morosini di Altavilla Vicentina (VI).
Sarà analizzato il tema Web 2.0 sotto diversi aspetti: dal marketing alla gestione delle risorse umane, dalla direzione del lavoro all’utilizzo di nuove tecnologie basate sulla condivisione. Parteciperanno docenti esperti del tema e manager che porteranno la loro esperienza concreta.
I relatori:
Diretta dell’evento su Spreaker.
La partecipazione è gratuita.
Adesioni entro il 5 maggio, a: Staff CUOA Executive Education, tel. 0444 333860, executive@cuoa.it
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In questo video Lorenzo Amadei e Claudia Zarabara introducono il tema dell’Enterprise 2.0 come nuovo modello aziendale:
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Approfondimenti sul web 2.0 in Studio Baroni:
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La pratica del Social Marketing o Marketing sociale si sta diffondendo con grande rapidità nelle aziende (vedi qui la TOP List Aziende 2.0).
Anche le amministrazioni pubbliche guardano con interesse, soprattutto i comuni turistici (v. ad esempio i casi di Jesolo, Roseto degli Abruzzi, Venezia, Firenze…) dei quali parleremo in un prossimo articolo a breve.
Ormai è un fattore che fa la differenza ed è un vantaggio competitivo che porta al cosiddetto Enterprise 2.0, ovvero quell’insieme di approcci organizzativi e tecnologici orientati all’abilitazione di nuovi modelli organizzativi basati sul coinvolgimento diffuso, la collaborazione emergente, la condivisione della conoscenza e lo sviluppo e valorizzazione di reti sociali interne ed esterne all’organizzazione.
Per fare un esempio – tra le aziende 2.0 più interessanti – la veneta Lago (produce arredamento di design, 145 dipendenti, di cui circa il 25% assunti nell’ultimo anno, 30 milioni € fatturato 2008) ha introdotto una piattaforma Web 2.0 a disposizione di tutti i dipendenti, ma anche aperta ai collaboratori esterni. Le funzionalità principali sono relative ad una piattaforma di Social Network aziendale, Blog aziendali, Wiki e un applicativo per la gestione integrata dei progetti. Con il Blog, viene comunicata in modo trasparente e informale la strategia aziendale e ciò ha permesso di ridurre del 90% il tempo delle riunioni, a migliorare il clima e a facilitare l’integrazione tra le diverse unità di business.
In Wikipedia il Marketing sociale cita gli studi di Philip Kotler e può definirsi come l’utilizzo delle strategie e delle tecniche del marketing per influenzare un gruppo target ad accettare, modificare o abbandonare un comportamento in modo volontario, al fine di ottenere un vantaggio per i singoli individui o la società nel suo complesso. Il Marketing sociale nasce nel 1971 e trova le proprie radici in molteplici discipline (es. la psicologia, la sociologia, l’antropologia, le teorie economiche e della comunicazione) che contribuiscono a esaminare e comprendere cosa determina il comportamento umano, inteso quale risultante di fattori ambientali, sociali e individuali.
Enzo Santagata, nell’inquadrare il Social marketing nel contesto del Web 2.0, parla di prosumer cioè dei consumatori che producono contenuti e propone 7 consigli pratici e condivisi che possano dare un’idea definita anche a chi si occupa di altri tipi di business e vuole cominciare ad approcciare al social media marketing senza ombre e con le idee nitide:
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Per approfondire il tema del Marketing nel Web 2.0, Studio Baroni suggerisce di sfogliare le slide realizzate da Enrico Giubertoni:
Se consideriamo la resilienza come efficace strategia anticrisi possiamo collegarla al tema della sostenibilità. In questo senso segnaliamo un interessante approfondimento di Gianfranco Bologna pubblicato su greenreport.it.
Bologna considera che “Uno dei concetti più affascinanti e cruciali della scienza della sostenibilità è quello di resilienza, al quale sono dedicati interi centri di ricerca (da quasi tre anni esiste a Stoccolma, il prestigioso Stockholm Resilience Institute – dove lavora come web editor l’amico di Studio Baroni dott. Sturle Hauge Simonsen ndr) ed anche uno straordinario coordinamento internazionale di tanti autorevoli istituti scientifici ed università, coinvolte nell’approfondimento teorico e pratico della resilienza.
La Resilience Alliance è proprio un’ alleanza scientifica tra diversi autorevoli enti, università ed istituti, nata nella seconda metà degli anni Novanta, ispirata dal lavoro del grande ecologo Crawford (Buzz) Holling , e che ha dato vita ad un’ interessantissima rivista disponibile gratuitamente on line e scientificamente referata, dal titolo “Ecology and Society“, precedentemente chiamata “Conservation Ecology”, che si pone, come obiettivo, la raccolta di riflessioni, analisi e ricerche destinate ad una scienza integrata della resilienza e della sostenibilità.
Il concetto ecologico di resilienza è stato pionieristicamente introdotto da Crawford Holling, sin dai primi anni Settanta, e definisce la capacità dei sistemi naturali o dei Social Ecological Systems (i sistemi integrati ecologici ed umani), di assorbire un disturbo e di riorganizzarsi mentre ha luogo il cambiamento, in modo tale da mantenere ancora essenzialmente le stesse funzioni , la stessa struttura, la stessa identità e gli stessi feedback. Il sistema ha la possibilità quindi di evolvere in stati multipli, diversi da quello precedente al disturbo, garantendo il mantenimento della vitalità delle funzioni e delle strutture del sistema stesso.
La resilienza, ricorda Holling, è misurata dal grado di disturbo che può essere assorbito prima che il sistema cambi la sua struttura, mutando variabili e processi che ne controllano il comportamento.
La resilienza di un ecosistema costituisce quindi la sua capacità di tolleranza di un disturbo senza collassare in uno stato qualitativo differente che è controllato da un differente set di processi.
In precedenza in ecologia il concetto di resilienza è stato utilizzato in maniera molto simile al modo in cui viene utilizzato in ingegneria. Infatti il noto ecologo Eugene Odum (nel suo volume “Basi di ecologia”, edito nel 1988 da Piccin) afferma :”La stabilità di resistenza rappresenta la capacità di un ecosistema di resistere alle perturbazioni (disturbi) e mantenere la sua struttura e funzione intatte. La capacità di resilienza rappresenta la capacità di recupero quando il sistema è modificato da perturbazione.”
L’intera trattazione ecologica di Odum riprende la natura cibernetica degli ecosistemi ed egli è stato indubbiamente un pioniere nell’applicazione all’ecologia dei moderni avanzamenti scientifici che negli anni Sessanta-Settanta vi furono nell’analisi dei sistemi, nell’energetica e nella cibernetica (lavoro in cui ebbe un ruolo molto rilevante anche suo fratello Howard Odum – sia Eugene che Howard sono purtroppo scomparsi nel 2002).
Lo stesso Eugene Odum, nel testo già citato, ad un certo punto, scrive: “Con l’incremento di uno stress, il sistema, sebbene controllato, potrebbe non essere capace di ritornare esattamente allo stesso livello di prima. Infatti C.S. Holling (1973) ha sviluppato una teoria ampiamente accettata, per la quale le popolazioni e, per inferenza, gli ecosistemi hanno più di uno stato di equilibrio e dopo una perturbazione spesso ripristinano un equilibrio differente dal precedente.”
Crawford Holling ha avuto senz’altro il merito di aver applicato all’ecologia gli avanzamenti delle analisi dei sistemi adattativi complessi, fornendo all’ecologia stessa e, conseguentemente, alle discipline dell’ecologia applicata, della gestione degli ecosistemi ed alla visione integrata di ecologia, economia e scienze sociali (e quindi della scienza della sostenibilità), contributi di grandissimo livello e spessore.
In un articolo apparso “Ecology and Society” Holling insieme ai noti studiosi Brian Walker, Stephen Carpenter e Ann Kinzig hanno fatto il punto sui concetti fondamentali che determinano il comportamento dei sistemi ecologici e sociali (i cosiddetti Social-Ecological Systems).
Gli studiosi della resilienza riconoscono quattro caratteristiche della resilienza, definite latitudine, resistenza, precarietà e panarchia.
La latitudine è l’ammontare massimo in cui un sistema può cambiare senza perdere la propria abilità al recupero (prima, quindi, di oltrepassare una “soglia” che, una volta passata, può rendere difficile o impossibile il recupero stesso).
La resistenza costituisce invece la facilità o la difficoltà di cambiare il sistema, o meglio, quanto e come il sistema è complessivamente resistente rispetto al cambiamento.
La precarietà indica quanto sia vicino l’attuale stato di un sistema ad un limite o una soglia.
La panarchia (termine coniato dagli studiosi del gruppo della resilienza e sul quale è apparso nel 2002 un volume con lo stesso titolo, curato da Lance Gunderson e Buzz Holling , “Panarchy” edito da Island Press, che richiama il dio greco Pan) è un termine che viene utilizzato per ricordare che, a causa delle interazioni a diverse scale, la resilienza di un sistema ad una particolare scala dipenderà dalle influenze degli stati e delle dinamiche alle scale che hanno luogo al di sopra o al di sotto del sistema stesso.
Un concetto che può essere considerato un po’ l’inverso della resilienza è quello della vulnerabilità. La vulnerabilità ha luogo quando un sistema ecologico o sociale perde le sue capacità di resilienza divenendo quindi vulnerabile al mutamento che precedentemente poteva essere assorbito.
In un sistema resiliente il cambiamento ha la potenzialità di creare opportunità di sviluppo, novità, ed innovazione. In un sistema vulnerabile persino piccoli cambiamenti possono risultare devastanti. La vulnerabilità si riferisce perciò alla propensione di un Social-Ecological System, di soffrire duramente delle esposizioni agli stress e agli shock esterni. Meno resiliente è il sistema, minore è la capacità delle istituzioni e delle società di adattarsi e di affrontare i cambiamenti.
Attuare politiche di sostenibilità vuol dire apprendere come gestire l’incertezza, adattarsi alle condizioni mutevoli che si presentano ma, soprattutto, evitare di rendere sempre meno resilienti i sistemi naturali ed i nostri sistemi sociali.
Siamo in un mondo in cui l’umanità sta giocando un ruolo preminente nel modificare i processi della biosfera, dal livello genetico alla scala globale. Abbiamo un’estrema necessità di mitigare il nostro impatto sui sistemi naturali e di essere in grado di adattarci alle nuove situazioni, con grandi capacità di apprendimento e flessibilità.
Le politiche di sostenibilità basate sulle migliori conoscenze scientifiche transdisciplinari dovrebbero diventare la priorità delle agende politiche internazionali. Il costo ambientale, economico e sociale che potremmo pagare, se ciò non dovesse aver luogo, potrebbe infatti essere altissimo.
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