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Mamme, tecnologie e Internet: ricerca Bocconi

tecnomamme grafico utilizzo mezzi informazione bocconi 2009

La ricerca si intitola “Costruirsi un’opinione: le mamme e la ridondanza informativa”, ha analizzato le strategie di gestione della complessità informativa messe in campo da 720 mamme utilizzatrici di tecnologie ed è stata finanziata dal centro ASK (Art, Science and Knowledge) dell’Università Bocconi di Milano.

Paola Dubini e Mario Campana hanno individuato nelle mamme le seguenti cinque strategie per fare fronte alla varietà di informazione:

  • Partecipazione (22,6%).

  • Relazione (22%)

  • Contenuti (20,6%)

  • Iperselezione (19,1%)

  • Abbuffamento (15,7%)

mamme notebook figli

Questi sono i fenomeno associati al concetto di ridondanza informativa:

  • l’aumento esponenziale dei contenuti disponibili, gratuitamente e a pagamento;
  • la facilità e rapidità di diffusione e di ricerca di contenuti, anche decontestualizzati
  • rispetto al mezzo per il quale erano stati originariamente prodotti;
  • la possibilità di modificare contenuti già prodotti da altri e di reimmetterli nel circuito di produzione e distribuzione;
  • la moltiplicazione dei device e dei supporti, che permettono l’aumento delle occasioni;
  • di accesso a messaggi e informazioni nell’arco della giornata;
  • la crescita nel numero dei prodotti e servizi di taglio generalista e specialista;
  • l’aumento nel numero e nelle tipologie di canali di accesso a messaggi e informazioni;
  • la varietà di modi.

Ma vediamo nel dettaglio i cinque profili delle mamme tecnologiche:

  1. La mamma partecipativa (22,6%). È il gruppo più attivo e maturo, fortemente motivato a raccogliere informazione. Sono mamme motivate a cercare informazioni per motivi diversi, che hanno abbracciato con entusiasmo le nuove tecnologie, senza però trovarle alternative all’informazione offerta dai mezzi già presenti sul mercato, in particolare le fonti più autorevoli. Il passaparola è strumento utilizzato per filtrare e validare le informazioni, ma le mamme di questo cluster sono broker informativi attivi e contribuiscono a generare informazione come autrici. La mamma diventa sia autore sia nodo di relazioni, sfruttando i mezzi più appropriati. Selezionano le fonti in funzione del bisogno informativo da soddisfare; il legame relazionale è molto importante al fine di validare e condividere le informazioni raccolte. Tradizionalmente la mamma svolge per i figli un ruolo di gatekeeper, cioè filtra e preseleziona l’informazione che poi arriva ai bambini. Da questo punto di vista la mamma partecipativa tende a coinvolgere progressivamente i figli nelle decisioni familiari secondo l’età; la caratteristica della condivisione si rispecchia anche nelle scelte informative per i figli. La quantità di informazioni ricercata è elevata, ma la mamma partecipativa seleziona le fonti al bisogno; il cluster si caratterizza per il consumo elevato di libri.
  2. La mamma relazionale (22%). Questo gruppo di mamme raccolgono informazioni allo scopo di prendere decisioni che condizionano la vita familiare. Ma tendono a ridurre la complessità decisionale riducendo il numero degli input (si informano poco, utilizzando un po’ tutti i mezzi) e facendo riferimento sulle proprie relazioni personali per selezionare le fonti e validare le informazioni. L’affinità con il modo di pensare proprio e delle comunità di riferimento è l’elemento che caratterizza questo cluster all’interno del nostro campione.
  3. La mamma ancorata al contenuto (20,6%). Le mamme che appartengono a questo gruppo dedicano adeguato tempo all’informazione, ma riducono la ridondanza informativa “ancorandosi” al contenuto e all’autorevolezza della fonte, spesso scelta per autorevolezza. In parte questo comportamento può essere spiegato dal fatto che questo gruppo di mamme sente la responsabilità del ruolo di decisore all’interno della famiglia. Anche per questo cluster, il coinvolgimento dei figli nelle decisioni della famiglia è progressivo e graduale.
  4. La mamma iperselettiva (19,1%). Sono mamme che adottano una strategia informativa basata sulla riduzione della complessità. Rispetto alla quantità di informazione e alla varietà di mezzi utilizzati, le mamme di questo gruppo hanno un comportamento polarizzato fra gli estremi della scala considerata. Il valore di tutti i fattori considerati per costruire il profilo sono negativi, fatta eccezione per un modesto consumo di fonti generaliste; il coinvolgimento dei figli è selettivo su alcuni argomenti, così come è negativo il grado di coinvolgimento da parte delle rispondenti.
  5. La mamma che si abbuffa (15,7%). Queste mamme non hanno paura di affrontare la ridondanza informativa: la definizione “mamma che si abbuffa” è legata al fatto che all’interno del campione sono quelle che hanno dichiarato di informarsi molto e con regolarità su tutti i mezzi considerati in questa analisi. Anche loro sono fortemente motivate, in particolare nell’approfondire temi che le incuriosiscono e dal valore che associano all’informazione come strumento di legittimazione personale, si differenziano rispetto al cluster precedente per una predilezione per le fonti generaliste e per la TV satellitare e per una forte reattività agli stimoli esterni. Hanno un rapporto maturo con l’informazione, e scelgono la fonte in funzione del bisogno informativo specifico, talvolta per affinità con il punto di vista trattato, talaltra per il tipo di contenuto, altre volte in funzione della notorietà e delle caratteristiche della fonte. All’interno del campione considerato è la mamma che filtra meno le informazioni all’interno della famiglia e che maggiormente coinvolge i figli nelle scelte che riguardano la famiglia.

Nelle conclusioni della ricerca viene sottolineato che la ridondanza informativa chiama i consumatori di informazioni ad una responsabilità maggiore rispetto al passato nella valutazione del ruolo che fonti informative diverse possono giocare all’interno dei processi decisionali delle famiglie. All’aumentare delle fonti disponibili il consumatore è chiamato ad un livello di consapevolezza crescente nel suo rapporto con i contenuti. Mancando questa consapevolezza c’è un rapporto di ricezione passiva, un bombardamento di informazioni e di messaggi, sempre meno informato e sempre più in balia “dell’ultima notizia”. Con tale presenza consapevolezza, la ridondanza informativa è una ricchezza e ciascuna fonte offre possibilità specifiche di soddisfare fabbisogni di informazione e conoscenza.

notebook mamma letto

Alla realizzazione della ricerca hanno collaborato le organizzazioni: Fattore Mamma, dols.net, filastrocche.it e Mammeonline.

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Materiale sulla resilienza collegato al ruolo di mamma/genitore:

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Nuove tecnologie: a Milano il ticket della metro si paga con il cellulare

bus pubblico

L’innovazione verrà gestita da Telecom Italia e si realizzerà a Milano con la sperimentazione per il pagamento dei biglietti della metropolitana. Il tutto è reso possibile dalla nuova tecnologia NFC (Near Field Communication). Si tratta di una tecnologia che permette di trasformare i cellulari in inediti sistemi di pagamento capaci di dialogare con appositi ricevitori e scambiare con essi informazioni di vario tipo, comprese quelle per il trasferimento di denaro.

cellulare visa

Telecom Italia realizzerà il progetto pilota con Atm, l’Azienda dei Trasporti Milanesi. Le due aziende hanno infatti reso noto di aver stretto un accordo per la sperimentazione del servizio Mobile Ticketing, con l’obiettivo in futuro di permettere di acquistare titoli di viaggio attraverso il telefonino e di validarli accostando il cellulare alle “obliteratrici”.

I  test avranno inizio entro il 2009 e il servizio potrebbe essere disponibile a tutti gli utenti già all’inizio del prossimo anno. Grazie a un’applicazione software presente sulla Sim Card del telefonino, gli utenti potranno accedere a un menu di navigazione attraverso il quale acquistare e caricare il proprio abbonamento o carnet di biglietti, senza la necessità di recarsi presso un apposito punto vendita.

In vista dell’EXPO2015 Telecom e ATM hanno tutto l’interesse che la sperimentazione funzioni, ma va ricordato che Trenitalia sta già utilizzando il sistema “Prontotreno” (vedi quisotto il video).

Nel business dei pagamenti mobili c’è anche il gruppo Poste italiane. Con il progetto “Semplifica” in soli 9 mesi sono stati superati i 30 milioni di euro in transazioni.

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SOCIAL MENTION: nuovo motore di ricerca sociale

social mention logo

Con il rapido sviluppo dei social network inziano ad affacciarsi nuovi strumenti di ricerca digitale. Social Mention è uno di questi e fa parte di una nuova categoria di motori di ricerca sociali.

 

Social Mention si rivela molto utile allo scopo di tracciare tutte le attività sociali svolte nella rete, ovvero l’insieme di modi diversi di comunicare in digitale attraverso social network, servizi di microblogging, commenti, bookmarks (segnalibri), immagini, video, news e blog.

Risulta particolarmente interessante perchè riesce ad interare diversi strumenti come Twitter, Delicious, FriendFeed, Flickr, Digg, YouTube e altri ancora.

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VADEMECUM DIGITALE TERRESTRE

Il passaggio alla TV digitale è una realtà che sta progressivamente interessando tutto il territorio italiano ed europeo. 

 

globo digitale

 

La televisione digitale terrestre, in sigla DTT (acronimo dell’analogo termine inglese Digital Terrestrial Television), spesso abbreviata in digitale terrestre, è la televisione terrestre rappresentata in forma digitale. Da un punto di vista tecnico infatti, il segnale televisivo è un’informazione elettronica e l’informazione elettronica può essere rappresentata in forma analogica o in forma digitale.

 

La TV digitale si basa sulla tecnologia DVB (Digital Video Broadcasting) di cui standard vengono sviluppati dal DVB Project, ovvero un consorzio internazionale che associa oltre 260 aziende.

 

E’ notizia di ieri che ADICONSUM ha attivato uno sportello online e pubblicato il vademecum che vi proponiamo qui di seguito:

  1. Il passaggio dall’analogico al digitale è per natura problematico. Passare dalla tv analogica a quella digitale è tecnologicamente complesso. Centinaia sono i tecnici impegnati a far sì che i canali televisivi siano visibili da tutti. Forse non tutti sanno che il passaggio al digitale è una scelta europea che garantirà uno sviluppo della televisione a vantaggio della qualità della visione e della quantità di canali, mettendo finalmente ordine nella giungla delle frequenze e garantendo maggiore pluralismo.
  2. Analizzare i propri apparati di ricezione: prima di fare nuovi acquisti occorre verificare il proprio impianto di trasmissione televisiva. Se si ha già in casa un decoder (sat, terrestre o IPTV) durante lo switch-over non occorre fare nulla. Se si ha un televisore privo di presa scart invece si potrebbero avere maggiori difficoltà. Forse sarebbe meglio acquistarne uno nuovo. Per legge i nuovi televisori in commercio hanno al loro interno un decoder digitale, al posto di quello esterno. Importante: per ogni televisore occorre un decoder! Ricordare inoltre che i videoregistratori non hanno il sintonizzatore analogico e quindi possono essere utilizzati solo parzialmente.
  3. Non affrettarsi ad acquistare il decoder: il passaggio alla tv digitale ha un costo. Costo che, purtroppo, pagano i cittadini. Il consiglio è quindi quello di spendere poco e bene. I decoder in commercio non sono tutti uguali. Gli zapper, ad esempio, costano pochissimo (circa €30) e permettono la ricezione dei canali in chiaro, cioè quelli gratuiti. Tutti gli altri costano di più e permettono di vedere anche le tv a pagamento, usare l’interattività e anche, se predisposti, vedere in alta definizione. Infine ci sono i decoder satellitari: free to air, che fanno vedere centinaia di canali e quelli offerti in comodato d’uso dalle pay tv. I decoder IPTV vengono invece offerti in comodato d’uso dalle compagnie telefoniche insieme alla banda larga. I decoder satellitari e IPTV sono utili per chi non ha un buon segnale terrestre. Prima di correre nel negozio è bene informarsi e decidere cosa acquistare.
  4. Informarsi da fonti istituzionali: in questo periodo si ricevono molte notizie sulla tv digitale. Molte di queste non sono attendibili e dietro alla somministrazione di informazioni c’è solo l’interesse a vendere un abbonamento ad una pay-tv o a far noleggiare il decoder di aziende telefoniche o di emittenti a pagamento facendo credere che solo attraverso questa dotazione si può ricevere la tv digitale. Ovviamente non è vero. La tv digitale si può vedere benissimo con decoder acquistati, anche a basso costo, nei negozi. Prima di operare qualsiasi tipo di acquisto è opportuno informarsi utilizzando solo fonti istituzionali, come collegandosi ad esempio con il sito messo a disposizione dal Ministero dello Sviluppo Economico- Settore comunicazioni – o telefonando al numero verde 800.022.000.
  5. Se l’analogico si vede male, effettuare prima una prova con un decoder preso in prestito. Ormai è certo: il digitale terrestre in alcune zone potrebbe non essere visibile. Se attualmente alcuni canali analogici si vedono male, è probabile che non si riceveranno tutti i canali del digitale terrestre. In questo caso è consigliabile non acquistare immediatamente il decoder terrestre, ma provarne uno, preso in prestito da un amico o da un parente, per verificare la ricezione. Se si è residenti in una zona non raggiunta dal segnale terrestre, per vedere la tv digitale bisognerà utilizzare la ricezione da satellite e acquistare un decoder satellitare per i canali in chiaro. Da luglio sarà attivo Tivù sat che permetterà la visione dal satellite di tutti i canali trasmessi sul terrestre.
  6. L’importanza della neutralità tecnologica: la tv digitale non si vede solo con la piattaforma terrestre, che rappresenta il naturale sostituto dell’analogico terrestre. La tv digitale si può vedere anche attraverso la piattaforma satellitare o attraverso il doppino telefonico (piattaforma IPTV). La scelta della piattaforma è a cura dell’utente. È bene, quindi, tenere presenti le seguenti differenze: piattaforma terrestre: è la più economica perché utilizza, nella maggior parte dei casi, le antenne e gli impianti utilizzate per la tv analogica. piattaforma satellitare: indispensabile per chi ha problemi di ricezione del segnale terrestre. In aggiunta ha il costo della parabola e della sua installazione; piattaforma IPTV: è utilizzabile solo per chi ha la banda larga e ha il costo di un abbonamento mensile.
  7. Acquistare come primo decoder uno zapper: per non correre il rischio di una spesa eccessiva e di un incauto acquisto è consigliabile acquistare un decoder zapper abilitato alla sola ricezione dei canali gratuiti, per un solo televisore. Verificato che tutto funziona bene, si può procedere all’acquisto di altri tipi di decoder, anche più evoluti.
  8. Parola d’ordine: risintonizzare e risintonizzare il decoder! Quasi tutti i problemi di ricezione che si presentano durante lo switch-over e lo switch-off si risolvono sintonizzando spesso il decoder. Fino alla chiusura completa dell’analogico, le emittenti televisive, infatti, sono costrette a modificare spesso, senza avviso, le caratteristiche di trasmissione. Diventa, quindi, necessario effettuare nuovamente la sintonizzazione automatica dei canali: tutti gli utenti devono, pazientemente, utilizzare la funzione “sintonizzazione” ogni volta che perdono la visione di qualche canale. Se nonostante la nuova sintonizzazione, la totalità dei canali continua a non essere visibile, è probabile che ci sia bisogno di un intervento sull’impianto di ricezione. Prima di rivolgersi ad un installatore è, però, consigliabile contattare il numero verde del Ministero.
  9. Per ogni evenienza consultare il numero verde del Ministero. 800.022.000 è il numero gratuito messo a disposizione di tutti i cittadini dal Ministero dello Sviluppo Economico – Settore comunicazioni – per ottenere qualsiasi informazione relativa alla tv digitale. Attraverso questo numero è possibile conoscere i decoder ammessi all’incentivo, i canali ricevibili, e ottenere informazioni per utilizzare il decoder acquistato e consigli tecnici in caso di mancata ricezione. Qualsiasi problematica può essere risolta dal numero verde che deve essere consultato per ogni dubbio.
  10. Chiedere l’intervento di un tecnico solo se strettamente necessario. La spesa più grande da sostenere per passare alla tv digitale è quella relativa all’aggiornamento dell’impianto di ricezione, sia personale che condominiale. Tale spesa deve essere fatta solo se strettamente necessaria. Solo dopo aver verificato gli altri punti di questo decalogo e se nonostante tutto sussistono ancora problemi si deve richiedere l’intervento di un tecnico riconosciuto in grado di rilasciare l’obbligatorio certificato di conformità. È sempre consigliabile farsi fare più preventivi da installatori diversi.

Questo è il calendario 2009 per il passaggio al digitale terrestre in Italia (Fonte DGTVi):

italia 2009 passaggio al digitale terrestre

 

E’ curiosa la guerra che si sta aprendo a livello di TV locali. Secondo una notizia dell’ANSA del 24 giugno, gli italiani alle prese con il passaggio di Raidue e Retequattro sul digitale terrestre, stanno ’smanettando’ con il telecomando per continuare tranquillamente a guardare la tv. Ma proprio intorno a questo aggeggio così familiare rischia di consumarsi una piccola guerra, scatenata in particolare dalle emittenti locali che nell’era digitale temono di perdere posizioni acquisite, ciascuna sul proprio territorio. Non è stato ancora raggiunto, infatti, un accordo tra gli operatori sulla numerazione dei canali. “Dovrà farsene carico l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni”, ha detto oggi Filippo Rebecchini, presidente della Frt (Federazione radio televisioni), intervenuto alla presentazione del rapporto It-Media Consulting sul mercato televisivo. “Non tutti i decoder permettono infatti ai cittadini di scegliere come impostare il telecomando: in particolare i televisori integrati (cioé con il decoder incorporato, ndr) procedono con la numerazione automatica e sbattono le tv locali dopo il numero 35. In questo modo le piccole emittenti non hanno neanche la possibilità di farsi conoscere”. Il suggerimento di Rebecchini é “adottare numeri a tre cifre, come fa Sky: ci sarebbe più spazio per governare la nuova realtà”. Marco Rossignoli, coordinatore dell’associazione di radio e tv locali Aeranti-Corallo, ha invece proposto di introdurre “la Epg, la guida elettronica ai programmi, consultabili in base alla tipologia”. In pratica, il telecomando non verrebbe più usato in sequenza, come si fa oggi, ma in modo selettivo – ancora una volta sull’esempio di Sky – dividendo così in canali tra generalisti e tematici e articolando questi ultimi in base al tipo di offerta.

Per approfondire:

Domotica, enterprise, Innovazione, Social Network, Società della Conoscenza

Architetture cross-mediali dell’informazione e design

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La convergenza e le nuove forme di narrazione digitale richiedono un ripensamento del design in chiave ecologica. Sette tendenze in atto e un manifesto per i progettisti

Estratto da: La cross-medialità e il remix delle esperienze di Luca Rosati e Andrea Resmini

Le architetture cross-mediali sono una sorta di gioco dell’oca a più dimensioni le cui caselle sono disseminate in ambienti eterogenei: per raggiungere un obiettivo dobbiamo obbligatoriamente attraversare un ampio range di questi ambienti. Sette tendenze.

Proponiamo di seguito una sorta di manifesto in sette punti che sintetizza gli effetti della cross-medialità sul design in generale e l’architettura dell’informazione in particolare.

  1. Le architetture informative divengono ecosistemi. In uno scenario di media e contesti fittamente intrecciati non è più possibile concepire alcun item come un’entità a sé stante, ma come parte di un ecosistema in cui ciascun elemento intrattiene molteplici rapporti con tutti gli altri.
  2. Gli utenti divengono intermediari, sono cioè parte dell’ecosistema e contribuiscono attivamente alla sua costruzione o ri-mediazione. La distinzione fra autore e fruitore, produttore e consumatore si fa sempre più sottile: il pubblico cessa di avere un ruolo passivo, ma partecipa attivamente al processo produttivo stabilendo nuove relazioni fra items/contenuti (mash-up, aggregatori, social network); suggerendo dal basso nuove proposte o stimoli; collaborando al processo produttivo stesso (wiki, blog, community, economia della partecipazione).
  3. Le architetture statiche sono rimpiazzate da architetture dinamiche. La dinamicità può essere intesa in due modi. Da un lato, vi è la capacità di queste architetture di aggregare (o ri-aggregare) contenuti che fisicamente risiedono altrove e che sono stati concepiti inizialmente in modo indipendente l’uno dall’altro (aggregatori, mash-up ecc.). Dall’altro, il ruolo attivo degli utenti-intermediari rende queste architetture perennemente in divenire, aperte a continue manipolazioni non prevedibili.
  4. Queste architetture dinamiche sono architetture ibride: abbracciano differenti domini (fisico, digitale, misto), entità (informazioni, oggetti, persone) e media. È la trasposizione su un altro piano del punto precedente. Così come sfumano i confini fra produttore e consumatore, allo stesso modo si assottigliano quelli fra media, generi e contesti (fisico vs digitale) differenti.
  5. In queste architetture, la dimensione orizzontale (l’associazione o correlazione fra elementi) prevale su quella verticale (la subordinazione gerarchica fra gli elementi tipica delle tassonomie tradizionali). Se le strutture si fanno aperte e mobili, diventa sempre più difficile mantenere modelli gerarchici, mentre tende a prevalere la correlazione spontanea (ed estemporanea) da parte degli utenti-intermediari.
  6. Il design di artefatti evolve verso il design di processi. Se ogni elemento (contenuti, prodotti, servizi) è parte di un ecosistema, allora il fuoco si sposta dal design di singoli artefatti verso il design di esperienze o servizi che abbracciano una rete di elementi. L’esperienza d’acquisto, ad esempio, non inizia e e termina nel punto vendita, ma può cominciare su un medium tradizionale (un annuncio su carta o in tv), proseguire sul web (consultato a casa o in mobilità per approfondire le informazioni iniziali), transitare nel negozio fisico e terminare ancora sul web (assistenza, download di aggiornamenti, collegamento ad altri dispositivi ecc.).
  7. Tali processi definiscono user experience cross-mediali, ovvero esperienze che attraversano cioè molteplici media e contesti).

Sulla definizione di crossmediale:

Sull’edizione italiana di Wikipedia non è presente la definizione delle parole “crossmedia” e “crossmediale”. Sull’edizione inglese invece è disponibile il termine crossmedia, associato a crossmedia communication:

Crossmedia (conosciuto anche come Cross-Media, Cross-Media Entertainment, Cross-Media Communication) rappresenta una proprietà dei media, un servizio, una storia o un’esperienza distribuiti su piattaforme tecnologiche che utilizzano diversi formati. Si riferisce al passaggio e ai collegamenti tra apparecchi e formati diversi e può essere presente in programmi di intrattenimento televisivo, nella pubblicità, nei giochi e nei formati basati sulla ricerca come ad esempio i giochi di realtà alternativa (Alternate Reality Games), in cui si stabiliscono dipendenze e rinvii tra i vari media fruiti attraverso i diversi apparecchi.

Crossmediale è in italiano un brutto neologismo che indica appunto la dimensione permessa dalla convergenza digitale per le attività di creazione e di distribuzione dei contenuti informativi o di intrattenimento, fruibili a richiesta in diversi formati e su diversi apparecchi.

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Premio Nazionale per l’Innovazione 2009

Premio Innovazione 2009

pdfdownload premiati Premio Nazionale Innovazione 2009

pdfdownload schede premiati Premio Nazionale Innovazione 2009

 

La Giornata Nazionale dell’Innovazione, istituita nel 2008, è un’occasione annuale di sensibilizzazione dei cittadini sui temi dell’innovazione e di coordinamento tra tutti i principali attori pubblici e privati per fare il punto sullo stato dell’innovazione nel Paese e condividere gli obiettivi strategici da raggiungere, anche nel quadro del secondo ciclo di programmazione previsto dalla rinnovata Strategia di Lisbona (2008-2010) e della “Strategia dell’Innovazione” in corso di definizione da parte dell’OCSE.

 Il Premio Nazionale per l’Innovazione è una delle iniziative promosse dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che nel 2008 ha previsto la Giornata Nazionale dell’Innovazione. E’ istituito su concessione del Presidente della Repubblica Italiana, presso la Fondazione Nazionale per l’Innovazione Tecnologica COTEC. L’obiettivo del Premio è valorizzare e sostenere le migliori capacità innovative e creative di aziende, università, amministrazioni, enti o singoli ideatori, anche al fine di favorire la crescita della cultura dell’innovazione nel Paese

Nel contesto della Giornata e del Premio viene organizzato anche un Convegno. Quest’anno ha affrontato il tema dell’innovazione come risorsa indispensabile del Paese per uscire dalla crisi e conservare una posizione di eccellenza a livello internazionale. Oltre alla sessione plenaria della mattina sul tema “l’innovazione risorsa strategica per l’Italia” sono state organizzate quattro sessioni parallele pomeridiane, rispettivamente dedicate ad approfondire il rapporto tra “innovazione e territorio”, “innovazione e impresa”, “innovazione e pubblica amministrazione”, “innovazione e ricerca”.

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SCUOLA DIGITALE tra LIM, cl@ssi 2.0 e pedagogia innovativa

LIM immagine LIM Vittorio Baroni

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Dopo l’introduzione delle LIM (Lavagne Interattive Multimediali) , con “cl@sse 2.0” la rivoluzione digitale fa un altro balzo in avanti. Si tratta di uno sviluppo sperimentale che prepara la diffusione a livello nazionale.

A partire dal prossimo anno scolastico (2009-2010) saranno installate 16.000 LIM in altrettante classi della scuola secondaria di I grado. Inoltre 50.000 insegnanti saranno coinvolti in percorsi di formazione che interesseranno oltre 350.000 studenti

Nell’anno scolastico 2010-2011 il piano si estenderà alla scuola secondaria di II grado e alla scuola primaria dove saranno distribuite 8.000 LIM e coinvolti circa 25.000 insegnanti.

Merita ricordare che le prime LIM sono comparse in Italia con i seguenti progetti:

  • USR Lombardia ha realizzato il progetto Lavagna Interattiva Multimediale e didattica, coinvolgendo oltre 400 scuole sul territorio. L’iniziativa ha previsto un percorso di formazione per i docenti e la documentazione delle esperienze didattiche (2005);
  • USP di Bologna ha promosso l’adozione di lavagne digitali. Il progetto ha consentito l’installazione di lavagne digitali in 108 scuole della provincia. Anche in questa iniziativa è stata intrapresa un’azione di formazione in presenza e online (2006);
  • DiGi Scuola, del 2006, è una delle prime iniziative per la diffusione di Lavagne Interattive Multimediali promosse dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (2006)
  • SLIM4DIDA (Supporto all’introduzione di Lavagne Interattive Multimediali per la DIDAttica), un progetto pilota finanziato dal Servizio Organizzazione Informatica della Provincia Autonoma di Trento (2007)

sLIM team immagine

Tra le esperienze italiane più avanzate, STUDIO BARONI segnala la Comunità di Pratica che opera con l’AVAC -Ambiente Virtuale di Apprendimento Collaborativo-chiamato sLIMteam. Essa mira a rispondere al bisogno di dialogo tra gli insegnanti che utilizzano o vorrebbero iniziare ad utilizzare la LIM, mettendo a disposizione le risorse prodotte, usufruendo di quanto già realizzato dai colleghi e incentivando l’utilizzo della lavagna attraverso la circolazione e l’emulazione delle buone prassi.

Gli obiettivi del progetto sono:

  • Fornire, da parte dello staff di coordinamento, un supporto pedagogico-didattico-tecnico all’utilizzo della LIM per la creazione di ambienti di apprendimento, consistente in tutorial, documenti e buone pratiche reperibili nelle aree dedicate.
  • Capitalizzare le risorse didattiche esistenti mettendo a disposizione di tutti gli insegnanti che si iscriveranno a sLIMteam i materiali prodotti ed inseriti nell’area Materiali Didattici.
  • Permettere a ciascun insegnante di condividere le proprie esperienze, riflessioni e dubbi per arricchire e stimolare il confronto e la sperimentazione su un utilizzo efficace della LIM.
  • Avviare una ricerca-azione, rivolta agli insegnanti e alle scuole della provincia di Trento, che consenta di monitorare l’impatto della LIM sull’organizzazione della classe, sulla didattica e sui processi di apprendimento e che al contempo permetta di sviluppare in modo continuo l’innovazione delle attività con il supporto delle tecnologie.

In questi due video possiamo vedere le potenzialità offerte dalla LIM:

Con l’avvio operativo del progetto “cl@sse 2.0”  (assegnazione di 30.000,00 € a 156 classi delle scuole primarie e secondarie di I grado) il Ministero intende sperimentare:

  • Gestione supplenze online
    Dal prossimo anno scolastico la gestione degli incarichi per le supplenze sarà online: saranno chiamati docenti senza incarico. In questo modo si potranno risparmiare tempo e denaro per telegrammi. Le graduatorie saranno infatti aggiornate in tempo reale.
  • Pagelle online, sms per comunicare assenze
    Inoltre, l’esperienza già in corso in molte scuole sul dialogo online scuola-famiglia sarà estesa. I genitori verranno informati sulle assenze dei propri figli attraverso sms, le pagelle saranno consultabili online e nelle Scuole Secondarie di II grado sarà avviata la gestione automatica delle presenze-assenze.

In termini di nuovo approccio pedagogico Studio Baroni valuta con interesse alcuni recenti lavori di ricerca sul campo. Nell’ambito del già citato Progetto DiGiScuola Gloria Sinini ha messo in evidenza quali atteggiamenti sono predittivi per l’attivazione del profilo COLLABORATIVO-COSTRUTTIVISTA (vedi qui soto la slide 12).

Altrettanto interessante la sintesi con la quale Alessandro Antonietti rappresenta la relazione funzionale su bisogni, obiettivi, strumento, utilizzo ed effetti tra le tre figure del progettista, insegnante e studente. Questo aspetto lo si può cogliere nel file “La LIM a scuola: aspetti cognitivi” (vedi in particolare l’animazione nella scheda 11).

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STUDIO BARONI è partner nel progetto “Domotica e multimedialità nelle scuole” del Veneto

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Social network: mappa globale e Facebook in Italia

mappa social network nel mondo

Grazie a Vincenzo Cosenza possiamo renderci conto di come il fenomeno social network si è sviluppato nel mondo. La mappa sembra quasi un tabellone di Risiko con i colori a contrassegnare le prevalenze. In Africa emerge che oltre la metà del territorio non rientra nelle statistiche.

Le maggiori evidenze segnalate da Cosenza sono:

Facebook ha quasi colonizzato l’Europa e si appresta ad estendersi ovunque, nel tentativo di spodestare i social network locali
QQ, domina in Cina e con i suoi 300 milioni di utenti è il più grande social network del pianeta
MySpace ha perso la sua leadership ovunque (eccetto nell’isola di Guam)
V Kontakte la fa da padrone nei territori della Russia
Orkut rimane forte in India e Brasile
Hi5 resiste in Peru, Colombia, Ecuador e in altre nazioni come il Portogallo, la Mongolia e la Romania
Odnoklassniki sopravvive in alcune repubbliche dell’ex Unione Sovietica
Maktoob rimane la più importante community araba

I dati pubblicati su “Osservatorio Facebook” ci dicono che in Italia è stata superata quota 9.000.000 di iscritti a Facebook:

facebook italiani iscritti al 31 maggio 2009 fonte Vicenzo Cosenza

L’ascesa sembra continuare e, come si può vedere da grafico, cresce di più la fascia sotto i 18 anni e quella sopra i 36:

facebook età degli italiani fonte Vincenzo Cosenza

 

Approfondimenti di attualità:

Twitter, Google, Facebook e la crisi iraniana, di Matteo Vannucchi

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La diversità come strategia per l’innovazione? Ipotesi da un contributo sull’Europa di Zygmunt Bauman

Testo di Zygmunt Bauman estratto da L’Espresso del 4 giugno 2009.

Traduzione a cura di Quercioli Mincer

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“Io, quando scrivo dell’Europa, penso a un progetto ininterrotto, non realizzato fino in fondo ma che, nonostante tutto, ha dettato il ritmo dei cambiamenti indicando l’orizzonte di aspettative a cui l’Europa per l’appunto mirava. E mi domando se esista un qualche orizzonte verso cui l’Europa potrebbe mirare oggi. Ricrearne la potenza militare rendendola paragonabile, ad esempio, a quella degli Stati Uniti, è impensabile. Sono pure infime le chance di poter paragonare la dinamica dello sviluppo economico dell’Europa a quello dell’America Latina o della Cina. Il Vecchio Continente non è in grado neanche di dare il tono allo sviluppo della scienza, dell’arte e della cultura. Cosa potremmo dunque consegnare in dote al pianeta? C’è qualcosa che possediamo di cui gli altri hanno bisogno e che potrebbero imparare da noi? Lo scrittore George Steiner sostiene che il compito dell’Europa ha carattere spirituale e intellettuale. Nelle sue opere Steiner si occupa dei contrassegni comuni dei popoli europei, fra cui il lascito culturale del mondo ellenico e di quello ebraico. Sottolinea che Europa significa massima diversità linguistica e culturale, un mosaico insolito di modi di vita differenti. Nel nostro continente spesso neanche 20 chilometri separano fra loro mondi diversi. Hans-Georg Gadamer ritiene che l’abbondanza di diversità sia il tesoro più grande che l’Europa è riuscita a salvare e che possa offrire al mondo. La vita con l’Altro e per l’Altro è uno dei compiti fondamentali dell’essere umano. Forse è da qui che origina la peculiare superiorità dell’Europa, che ha dovuto apprendere l’arte di vivere in questo modo. In Europa l’Altro è sempre vissuto, in modo metaforico ma anche letterale, a portata di vista o di mano, L’Altro è, in Europa, il vicino più prossimo. Nonostante le differenze che ci separano, agli europei spetta negoziare le condizioni di questa vicinanza. Il nostro paesaggio è caratterizzato dalla pluralità di linguaggi, dalla contiguità dell’Altro, ma anzitutto dal fatto che egli, in uno spazio fortemente limitato, sia considerato in modo paritario. L’Europa sarebbe dunque una sorta di laboratorio in cui si elabora un determinato modello dell’arte di vivere di persone che appartengono a diverse confessioni, lingue, che hanno diversi modi di essere felici. Anche la convivenza pacifica, utile per tutti, è possibile non solo nonostante la disuguaglianza, ma grazie ad essa. Questa è la fonte dello sviluppo, del cambiamento di opinioni, delle nuove idee. Qui scaturisce l’ispirazione per la soluzione dei problemi.”.

Una delle incognite da sottoporre a sperimentazione in questo laboratorio è il modo di uscire dai limiti imposti dalla lunga storia contemporanea dello Stato-nazione. L’integrazione della società, l’integrazione della molteplicità ovvero la costruzione di Stati e popoli moderni hanno costituito due processi paralleli e interdipendenti. Brandeburghesi e bavaresi si sono trovati a essere improvvisamente parte di uno stesso popolo (il popolo tedesco), così come in Francia i savoiardi e i bretoni. È difficile immaginare che sorta di sconvolgimento nel pensiero dei popoli sparsi per l’Europa sia stato allora il passaggio dalle comunità locali a quelle nazionali. Oggi abbiamo di fronte a noi una fase successiva dell’avventura europea: il passaggio da una forma di integrazione, così come ci è nota dal funzionamento dell’Unione europea, alla creazione di un piattaforma stabile, funzionale alla comune risoluzione dei problemi planetari, alla creazione di meccanismi di solidarietà umana universale. Siamo lontani da questa meta. Franz Kafka, uno dei più straordinari sociologi che mi sia mai capitato di leggere, in un contesto differente (non pensava allora all’Europa ma in genere al destino e alle opere degli uomini nel nostro mondo), scrisse: “Se dunque non trovi niente qui nei corridoi, apri le porte, se non trovi nulla lassù, non c’è problema, sali per nuove scale. Fin tanto che non smetti di salire, non finiscono i gradini, crescono verso l’alto sotto i tuoi piedi che salgono” ( Difensori, traduzione di Giulio Raio). Lo storico Reinhart Koselleck, nel descrivere ciò che avvenne in Europa tra il Seicento e il Settecento, usò invece la metafora della scalata di un valico alpino. Nessuno di coloro che si arrampicavano aveva la benché minima idea di cosa ci sarebbe stato dall’altra parte; questa gente non poteva neanche immaginarsi l’Europa futura, perché mancavano loro parole e concetti per descrivere i processi messi in moto. Mi attrae in questa metafora non tanto il fatto che dall’altra parte possa esserci il paradiso terrestre (questo non possiamo saperlo) ma che, fintanto che ci inerpichiamo verso il valico lungo una parete molto scoscesa, una sola cosa è certa: non possiamo fermarci. Bisogna andare avanti, perché se cerchiamo di piantare una tenda su quella parete basterà il primo alito di vento a spazzarla via. Forse sono un visionario, forse sono un ottimista nato: in ogni caso la mia speranza è radicata nella logica. Non tanto nella buona volontà degli europei, quanto nel fatto che semplicemente non c’è altra via d’uscita perché con il livello attuale di reciproca interdipendenza di tutti i popoli che abitano il pianeta il futuro dipende dalla nostra capacità di collaborare. È una questione di vita o di morte.

Ma poi ci sono i conflitti… Mi domando se essi derivino dalla nascita degli Stati-nazione, o se siano altrettanto intensi nell’ambito di una sola nazione. All’interno degli Stati nazionali abbiamo imparato come risolvere i conflitti di questo tipo, ora si tratta di imparare a risolverli a un gradino superiore. È una differenza quantitativa. Ma è anche una differenza qualitativa? Forse sì. Cosa c’è dall’altra parte del valico? Non ne ho idea. Sono certo di una cosa sola: quello che scorgeremo laggiù non sarà simile alle istituzioni che siamo soliti identificare con l’essenza della democrazia, della convivenza pacifica ecc., dimentichi del fatto che esse costituiscono solamente le nostre finora assai effimere scelte. Immagino che se invitassimo Aristotele al Bundestag tedesco o alla Dieta polacca le sedute susciterebbero il suo interesse. Forse addirittura correrebbe a casa per scrivere un ulteriore tomo della sua ‘Politica’.”

Ancora Bauman su You Tube, parla del vivere post-moderno e riflette su Internet:

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Il mercato ICT nelle piccole e medie aziende: Ricerca in Lombardia

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L’Osservatorio ICT & PMI della School of Management del Politecnico di Milano ha prodotto un’interessante Ricerca circa l’utilizzo delle ICT che ha coinvolto circa 500 imprese della Lombardia, con un numero di addetti compreso tra 1 e 500.

La sintesi che segue focalizza l’attenzione sul mercato e i tre tipi di “Maturità”:

  • Maturità applicativa
  • Maturità infrastrutturale
  • Maturità ICT

 

Il mercato

La dimensione complessiva del mercato IT della Lombardia – calcolato come somma degli acquisti di componenti hardware, di licenze software e di servizi IT da parte delle imprese fino a 500 addetti nel corso del 2008 – ammonta a circa 3.100 milioni di Euro, a fronte di una spesa media per addetto pari a circa 1.100 Euro. Circa il 45% del mercato IT è relativo all’acquisto di dispositivi hardware, quali server, PC fissi, PC portatili, Tablet PC, palmari/PDA, sistemi di storage, stampanti e altre periferiche, ecc. Il restante 55% fa riferimento a due componenti principali: l’acquisto di licenze software – relative a tutte le applicazioni pacchettizzate utilizzate nelle imprese (ad esempio, pacchetti di office automation, sistemi gestionali, applicazioni di Business Intelligence, applicazioni di CRM, sistemi CAD/PLM, sistemi di sicurezza, software per la virtualizzazione, ecc.); l’acquisto di servizi IT, che possono essere relativi all’infrastruttura IT dell’impresa (ad esempio, servizi sistemistici, di progettazione, di manutenzione, ecc.) o al parco applicativo (ad esempio, servizi di sviluppo software, di integrazione di applicazioni, ecc.).

 

La Maturità applicativa

La maturità applicativa misura il livello di evoluzione del patrimonio applicativo dell’impresa, in termini di supporto integrato ai processi (ovvero di capacità delle applicazioni di supportare tutti i principali processi aziendali in modo integrato) e di flessibilità (ovvero di capacità del patrimonio applicativo di evolvere e crescere in tempi e costi limitati). Dall’analisi, emergono cinque livelli principali di maturità applicativa.

Nessuna applicazione (condivisa su server), rilevata nell’8% dei casi; si tratta di imprese in cui vengono utilizzate esclusivamente applicazioni di supporto alla produttività individuale (ad esempio, software di Office Automation); in queste imprese gli adempimenti contabili ed amministrativi sono solitamente gestiti da professionisti esterni.

Portafoglio elementare, presente nel 14% dei casi; si tratta di imprese, solitamente di piccole dimensioni, che hanno informatizzato esclusivamente le attività di base (ad esempio, le attività amministrative, contabili e, nel caso di imprese manifatturiere, la gestione del magazzino).

Isole applicative, presenti nel 21% dei casi; si tratta di un patrimonio applicativo che può essere composto da pacchetti elementari complementati attraverso sviluppo ad hoc (pacchetti semplici), oppure dall’utilizzo di diverse applicazioni particolarmente evolute, ciascuna a supporto di specifiche attività (Best of Breed).

Portafoglio integrato, presente nel 22% dei casi; si tratta di imprese che utilizzano come applicazione principale il sistema gestionale, che può essere sviluppato ad hoc (9% dei casi), oppure può essere un pacchetto nazionale (9% dei casi), verticale (3% dei casi) o un ERP internazionale (2% dei casi). Tali sistemi sono nativamente caratterizzati da un elevato livello di completezza ed integrazione dei processi supportarti, anche se presentano diversi livelli di flessibilità (crescente passando dallo sviluppo ad hoc al gestionale verticale, al gestionale nazionale all’ERP internazionale).

Portafoglio integrato “esteso”, presente nel 35% dei casi; si tratta di imprese che utilizzano come applicazione principale il sistema gestionale, “esteso” attraverso l’utilizzo di altre applicazioni. Se guardiamo al sistema gestionale, il 15% utilizza sistemi sviluppati ad hoc, il 5% gestionali verticali, il 9% gestionali nazionali e il 5% ERP internazionali.

Le tipologie di sistemi gestionali estesi possono essere complementate da applicazioni quali, ad esempio:

  • applicazioni di Business Intelligence o di Customer Relationship Management (CRM), che supportano rispettivamente i processi decisionali dei manager dell’impresa e la gestione dei clienti (42% delle imprese caratterizzate da un portafoglio integrato “esteso”);
  • applicazioni Extranet rivolte ai clienti business, ai fornitori o ai contoterzisti, che consentono di supportare lo scambio di documenti e la collaborazione tra gli attori della filiera (52% delle imprese caratterizzate da un portafoglio integrato “esteso”);
  • applicazioni Mobile&Wireless, che consentono di supportare attività “in movimento” dei membri dell’organizzazione, come ad esempio, commerciali, manutentori, addetti ai magazzini, ecc. (63% delle imprese caratterizzate da un portafoglio integrato “esteso”);
  • applicazioni Intranet rivolte ai dipendenti, che consentono di rendere più efficace l’accesso alle informazioni e ai documenti aziendali (83% delle imprese caratterizzate da un portafoglio integrato “esteso”).

 

La Maturità infrastrutturale

La maturità infrastrutturale misura il livello di evoluzione dell’infrastruttura ICT dell’impresa in termini di efficienza, di efficacia e di flessibilità. In particolare, per la determinazione del livello di maturità dell’infrastruttura ICT sono stati valutati i seguenti parametri:

  • la completezza dell’infrastruttura ICT, in termini di adeguatezza dei componenti elementari utilizzati (risorse client e server, centralini basati su tecnologie VoIP, sistemi di storage, sistemi di sicurezza lato server e lato client, ecc.);
  • il livello di aggiornamento dei diversi componenti dell’infrastruttura ICT.

Sulla base del livello di maturità, possiamo classificare le infrastrutture ICT delle PMI della Lombardia nelle seguenti categorie principali:

  • Infrastruttura embrionale; si tratta di un’infrastruttura ICT di base in cui il numero di servizi erogati è molto limitato. In genere, non sono presenti risorse lato server e l’infrastruttura di rete supporta esclusivamente la connettività delle postazioni client. I sistemi di storage sono generalmente assenti, mentre i sistemi di sicurezza sono elementari. Tale tipologia di infrastruttura ICT è stata rilevata solo nel 3% delle imprese, in particolare di piccole dimensioni (con un numero di addetti inferiore a 50) e con necessità informatiche elementari.
  • Infrastruttura conservativa (o proprietaria); si tratta di un’infrastruttura basata quasi completamente su tecnologie proprietarie, in cui la completezza e la coerenza dei servizi possono presentare diversi livelli di evoluzione (in alcuni casi possono essere particolarmente elevate), ma che manifesta limiti di flessibilità a fronte di necessità future di evoluzione. Tale tipologia di infrastruttura è stata rilevata nel 18% dei casi.
  • Infrastruttura in evoluzione; si tratta di un’infrastruttura che, all’opposto rispetto a quella conservativa, presenta un buon livello di flessibilità (le componenti tecnologiche sono in buona parte allo stato dell’arte, anche se in alcuni casi affiancate da sistemi proprietari), ma dal punto di vista della completezza presenta alcuni limiti. Più nel dettaglio, appartengono a questa categoria, due principali tipologie di infrastruttura: (i) quelle che derivano da un processo di apertura di sistemi proprietari precedentemente adottati e che, quindi, combinano le due tipologie di architettura (patchwork). Sono architetture complesse, presenti in prevalenza nelle imprese di dimensioni maggiori, frutto dell’evoluzione nel tempo del sistema informativo aziendale; (ii) quelle basate su architetture aperte (non proprietarie) che, tuttavia, non hanno ancora raggiunto un adeguato livello di completezza (elementari aggiornate). Tale tipologia di architettura è presente nel 39% delle PMI lombarde.
  • Infrastruttura evoluta; si tratta di un’infrastruttura completa e aggiornata, in grado, quindi, di garantire un buon livello di flessibilità rispetto a necessità di cambiamento future. Può comprendere anche architetture proprietarie ma, nel complesso, l’infrastruttura risulta aperta e le scelte razionali ed omogenee. Tale tipologia di infrastruttura è presente nel 40% delle PMI della Lombardia.

 

La Maturità ICT

L’analisi della Maturità applicativa e della Maturità infrastrutturale consente di misurare il livello di Maturità ICT delle imprese del Lombardia. E’ possibile classificare le PMI della Lombardia sulla base di quattro livelli principali di Maturità ICT:

  • Imprese “immature”, pari al 19%; si tratta essenzialmente di imprese di piccole dimensioni, con meno di 50 addetti, in cui il supporto informatico è ridotto alle attività essenziali e in alcuni casi completamente assente. In queste imprese la Spesa IT è estremamente ridotta rispetto alle altre categorie.
  • Imprese “miopi o statiche”, pari al 20%; si tratta di imprese caratterizzate da un buon livello di maturità applicativa, derivante dall’utilizzo di sistemi gestionali nazionali o verticali, oppure da un parco applicativo che pur essendo prevalentemente sviluppato ad hoc, garantisce un livello molto elevato di copertura funzionale. Tuttavia tali imprese utilizzano un’infrastruttura elementare, oppure proprietaria e di conseguenza poco flessibile. La Spesa IT si è rivelata essere piuttosto elevata ed è relativa, prevalentemente, ai costi di manutenzione dell’infrastruttura IT.
  • Imprese “impostate”, pari al 31%; si tratta di imprese in cui sono state poste le basi infrastrutturali per lo sviluppo del sistema informativo ma che non hanno ancora sviluppato adeguatamente il portafoglio applicativo, soprattutto nel caso delle imprese con meno di 50 addetti, o che necessitano di interventi di razionalizzazione. La Spesa IT risulta essere leggermente inferiore rispetto alle imprese “miopi o statiche”, soprattutto in virtù di scelte tecnologiche allo stato dell’arte, sebbene a fronte di un non completo supporto al business.
  • Imprese “lungimiranti”, pari al 30% dei casi; si tratta di imprese che presentano un elevato livello di Maturità ICT, sia infrastrutturale che applicativa. In tali imprese è in genere presente una Direzione IT strutturata e gli investimenti in IT sono più elevati rispetto alle altre categorie.

I settori in media più “maturi”, in cui risultano maggiormente presenti le imprese “lungimiranti”, sono quelli appartenenti al comparto dei Servizi, in particolare Servizi Finanziari, Assicurativi, Media, Informatica, Altri servizi alle imprese, e del Commercio, con particolare riferimento alle imprese di dimensioni maggiori. Anche alcuni settori del Manifatturiero mostrano un buon livello di Maturità ICT, in particolare Chimica-Gomma-Plastica, in cui le ICT giocano un ruolo rilevante a livello di gestione e controllo dei processi produttivi, e Metalmeccanico ed Elettrico, in cui le imprese hanno adottato soluzioni ICT in anticipo rispetto ad altri settori. Al contrario, i settori Tessile-Legno-Arredo, Turismo e Trasporti sono quelli caratterizzati da un livello di Maturità ICT inferiore. Tuttavia sono stati individuati casi interessanti di utilizzo delle ICT da parte di imprese operanti in tutti i comparti, che sono state in grado di ritagliarsi nicchie di mercato particolarmente attrattive, all’interno di settori maturi e, talvolta, in crisi.